giovedì 21 agosto 2014

Vacanze 2014. Quarta tappa.

Ho deciso di tenere memoria di queste mie prime vacanze in camper. Una memoria sottile come un formaggio fuso e rifuso. Scrivo in fretta, tra una buca e un panino. 

Diario di viaggio:  quarta tappa.

19-20-21 agosto 2014

Siamo giunti a Sukosan. Dovevamo intuirlo dal nome che qualcosa da queste parti non andava: il mare si assottiglia, diventa basso e leggermente paludoso. Eppure...il porticciolo artificiale è pieno di barche e barconi e lungo il litorale spuntano come funghi camping unza-unza.
Il mare è sempre bello
Decidiamo di tornare indietro e stanziare in un mini campeggio che avevamo visto arroccato sotto un ponte, tra due montagne a picco sul mare. Lo raggiungiamo verso le nove di sera. Al mini bar-market-ristorante-disco-tabaccaio-tutto-in-uno stanno servendo dei calamari alla griglia  e in sottofondo suona una musica malinconica, la voce del cantante è profonda e nera, in netto contrasto con le parole piene di K, H e J. Immagino stia raccontando di un amore di guerra o di un naufragio. Non ci stupiamo particolarmente di finire parcheggiati accanto ai cessi e ai bidoni dell’immondizia. Al mattino il 70% dei villeggianti se ne è andato e ci spostiamo in un posto dove respirare meglio e dove essere meglio divorati dagli insetti locali. Avete mai conosciuto una zanzara croata? No? Siete stati fortunati. Io generalmente sopporto le punture con stoico menefreghismo, non questa volta. Qui le chiamano komarac (che già suona minaccioso). Sono aliene. Hanno denti grandi e puntuti come quelli di un vampiro di 90 kg. Questo campeggio è la loro tana, escono al vespro e cacciano per circa due ore. Mietono molte vittime innocenti e tornano nei loro anfratti sazie e panciute. Invisibili e discrete.

In spiaggia ci sono solo allegre famigliole. Quelle italiane sono composte da padre abbronzato che parla di pesca osservando il fondale munito d'occhiale Ray Ban; madre in mini bikini nero, unta come nemmeno le patatine fritte dei MacDonald's possono essere; e bambini inquieti che gettano pietre da un chilo a un metro dai bagnanti. Poi ci sono gli altri, quasi tutti biondi e impegnati a nuotare. Io e Rebecca tentiamo di affogarci a vicenda ma veniamo distratte da un lungo applauso e da gridolini tipici dell'esaltazione. Un uomo sui 55 anni sta camminando in mezzo al mare, è scuro come il cuoio, ha i capelli grigi con ricci che gli scendono lungo le guance. La falcata è fiera e il petto pieno. Tiene il braccio alzato e sulla sommità un enorme polpo lo avvinghia. La folla in mutande lo reclama. Lui li lascia attendere, sembra rallentare. L’euforia aumenta. Io e Rebecca pensiamo che sarebbe bello se il polpo fuggisse con un guizzo o divorasse la mano callosa del suo carnefice. Quindi torniamo ad affogarci.

Scorcio e amicizie
Accampata vicino a noi c'è una combriccola di sportivi austriaci. Sono tutti tiratissimi, magri e nodosi da far sia spavento, sia invidia. Hanno dei polpacci antiproiettile e dei figli che assomigliano a canne di bamboo. Si aggirano in tenuta mimetica, lasciano scoperta più pelle tatuata possibile e scrutano il terreno e le rocce che sovrastano il campeggio. Improvvisamente, appena prima di cena, il padre di famiglia (uomo con il codino e il ciglio affilato) bacia la moglie (donna coi capelli rosso fuoco e spalle pattinabili), ordina al figlio di giocare con dei legni e schizza verso il versante sinistro della montagna. Inizia ad arrampicarsi, veloce quanto uno stambecco in pianura. Ciondola aggrappandosi a massi appuntiti e appoggia i piedi ovunque. Se iniziasse a tessere una tela non ne rimarrei meravigliata. Nel mentre la compagna punta un boschetto di rovi sull'altura opposta, ci si incastra, si punge, ringhia e lo supera, avanza aggrappandosi a dei ramoscelli, strappa ciò che si frappone fra lei e il monte. Raggiunge la nuda pietra e inizia la sua scalata. Arrivano in vetta 30 minuti più tardi, contemporaneamente. Uno a destra, uno a sinistra. Tra loro il vuoto. Si salutano quasi si stessero guardando allo specchio per la prima volta, come  fanno i gatti. Scattano due selfie e slavinano a valle, contenti. Ecco, siamo appostati accanto a una famiglia di pazzi, fossero almeno caduti avrei avuto di che scriverne...
Noi siamo più pacati, sicuramente più imbranati. L'amico camperista si è rotto l'alluce inseguendo una ciabatta, credo sia una maledizione.  

I giorni si susseguono tiepidi e ventosi, la notte arriva ululando e i temporali trasformano le piazzole in acque salmastre. Le tende galleggiano e qualcuno bestemmia. Il mare rimane sempre bellissimo.
Domani ci sposteremo, dovremo anche occuparci delle feci. Credo ci aspettino tempi duri.

2 commenti:

  1. Ma siete sicuri di essere andati in vacanza??!! ;)

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  2. feci! feci! feci!
    Mi piace smodatamente! Brava, come sempre

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