mercoledì 3 aprile 2013

Altri racconti di altri: Il vicino sul treno #1 di Paolo Marcotti

Sale, trafelato. 
Gli chiedo se ci sono notizie ulteriori sul ritardo, perché siamo lontani dagli altoparlanti della stazione e non si sentono gli annunci. Quasi non riesce a rispondermi, a parlare.
Non è trafelato. È senza fiato. Ha corso. 
Ma solo la difficoltà a parlare lo tradisce, non si percepisce affanno, né respiro pesante, quasi si trattenesse, quasi volesse nasconderlo.
Ha certamente corso abbastanza a lungo. E' giovane, alto e snello. Non può avere il fiato così spezzato solo per uno scatto sul binario.
Dopo qualche attimo di silenzio e di immobilità, nel quale sembra applicarsi per scomparire, per non esserci, mi annuncia all’improvviso che non pensava di farcela a salire, ma che del resto non sarebbe importato poi molto, perché di solito prende comunque “quello dopo”. Il tono della voce è piatto e i gesti sono minimi, ma qualcosa in lui manifesta una certa soddisfazione per avercela fatta.
Ha dei lineamenti sfuggenti. È un uomo che c’è ma non c’è, è seduto lì, a un metro da me, ma non riesco a prenderlo, a fermarlo. Non riesco ad attribuirgli un nome. Penso che la cosa più probabile suggerita dal suo aspetto e dai suoi modi sia Giovanni, e al tempo stesso sento di escludere che si chiami così. Ad ogni modo, qualcosa del genere, forse Gianpiero.
Finalmente il treno parte, sferragliando un po’. Le Frecce di ogni colore sono diventate silenziose. I regionali sferragliano ancora, per fortuna. Rumori provvidenziali, un giorno per cullarti, un altro per tenerti sveglio, quasi sempre per attutire voci moleste impegnate in conversazioni telefoniche superflue.
Gianpiero fissa, con sguardo non proprio rassicurante, fuori dal finestrino il paesaggio urbano laterale che comincia lentamente a muoversi davanti ai suoi occhi. E, ancora all’improvviso, la sua bocca inizia ad emettere suoni. È un misto di suoni che sembrano appartenere a un motivo e di rumori veri e propri. Forse pensa di non essere sentito, coperto dal rumore del treno, o forse non se ne accorge nemmeno. Evidentemente, per quanto mi sforzi di essere neutro, a un certo punto faccio qualcosa di percettibile. Lui si accorge dell’ascolto inatteso, e tace. 
Gianpiero ha corso. Gianpiero ha corso anche se sapeva che non sarebbe mai arrivato in tempo per le 18.10, e sapeva anche che alle 18.40 lo attendeva “quello dopo” come tutti gli altri giorni.
Gianpiero oggi ha corso perché ha preso una decisione. Gianpiero non vuole più essere “quello dopo”. Non vuole più essere nemmeno Gianpiero. 
Tra qualche tempo, una rossa alta quasi come me salirà un po’ trafelata sul treno, si accomoderà con un accavallo elegante, ed estraendo uno specchietto dalla borsa controllerà che il fondotinta copra a dovere quella poca barba ancora rimasta, che certamente sparirà del tutto prestissimo, come le hanno assicurato.

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